Cass. Sez. I, 30.11.2017 n. 28819
Diritto bancario – azione di ripetizione – conto corrente aperto – sussistenza
Il fatto che la domanda non sia proposta dopo la chiusura del conto corrente, ma in pendenza del rapporto, non impedisce di procedere alla rideterminazione del saldo ed alla restituzione delle somme indebitamente addebitate per interessi e commissione di massimo scoperto, ma incides solo sulla prescrizione del diritto azionato, escludendone la decorrenza. Prima della chiusura del conto, infatti, non essendo il saldo passivo immediatamente esigibile, se non eccedente l’importo dell’affidamento concesso al correntista, soltanto i versamenti eseguiti in presenza di uno scoperto e volti a ricondurre il predetto saldo nei limiti del fido sono qualificabili come pagamenti, la cui effettuazione ad estinzione di un debito totalmente o parzialmente inesistente, in quanto determinato in applicazione di una clausola nulla, fa sorgere il diritto alla ripetizione, con la conseguente decorrenza del termine di prescrizione. Non compete al correntista l’allegazione della mancata effettuazione di tali versamenti, trattandosi di un fatto negativo estraneo alla fattispecie costitutiva del diritto azionato, formata esclusivamente dall’illegittimo computo degl’importi annotati in conto per interessi e commissione di massimo scoperto, e non implicante necessariamente la contestazione dei movimenti che ne hanno causato l’addebito. Incombe invece alla banca che eccepisca la prescrizione del credito l’onere di far valere l’avvenuta effettuazione di rimesse solutorie in pendenza del rapporto, non essendo configurabile, in mancanza di tali versamenti, l’inerzia del creditore, che rappresenta il fatto costitutivo dell’eccezione.