La cessione di un credito è sempre revocabile dal fallimento

Cass. Sez. I, 11.11.2013 n. 25284

Diritto commerciale – Diritto fallimentare – azione revocatoria fallimentare

Lo stato di insolvenza, per l’azione revocatoria prevista dall’art. 67 LF, non va specificatamente dimostrato da parte del Curatore Fallimentare, rilevando soltanto nel relativo giudizio la prova della conoscenza di detto stato di insolvenza da parte del creditore. Lo stato di insolvenza solo da un punto di vista logico è un requisito oggettivo della revocatoria fallimentare, mentre da un punto di vista giuridico viene assorbito nel requisito soggettivo della conoscenza dei relativi segni esteriori. La mancanza di questi segni esteriori finisce, perciò, per rilevare non come prova della mancanza dello stato di insolvenza, ma come prova della mancanza della relativa conoscenza.
In tema di azione revocatoria fallimentare la cessione di credito in funzione solutoria, quando non sia prevista al momento del sorgere dell’obbligazione ovvero non sia attuata nell’ambito della disciplina della cessione dei crediti di impresa di cui alla legge n. 52/1991, integra sempre gli estremi di un mezzo anormale di pagamento, indipendentemente dalla certezza di esazione del credito ceduto; ne consegue la presunzione della conoscenza dello stato di insolvenza in capo al cessionario, che può vincere tale presunzione non con una prova diretta dell’insussistenza dello stato di insolvenza, che rappresenta solo da un punto di vista logico un presupposto dell’azione, ma con la prova di circostanze tali da fare ritenere ad una persona di ordinaria prudenza ed avvedutezza che l’imprenditore si trovava in una situazione di normale esercizio dell’impresa.