La banca, per dimostrare il suo credito, deve conservare le proprie scritture contabili anche oltre i dieci anni

Cass. Sez. I, 18.9.2014 n. 19696

Diritto commerciale – Diritto bancario – prova del credito – scritture contabili – conservazione

Nei rapporti bancari in conto corrente, la banca non può sottrarsi all’onere di provare il proprio credito invocando l’insussistenza dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni dalla data dell’ultima registrazione, in quanto tale obbligo volto ad assicurare una più penetrante tutela dei terzi estranei all’attività imprenditoriale non può sollevarla dall’onere della prova piena del credito vantato anche per il periodo ulteriore.
Il principio vale anche con riferimento alla nullità di clausole riguardanti interessi ultralegali non dovuti, per cui non si può confondere l’onere di conservazione della documentazione contabile con quello di prova del proprio credito, cui la banca risulta gravata.
Deve, infatti, essere precisato che l’accertata invalidità della pattuizione relativa alla capitalizzazione trimestrale impone la rideterminazione del saldo finale mediante la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, sulla base degli estratti conto a partire dall’apertura del medesimo, estratti conto che la banca, quale attore in senso sostanziale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ha l’onere di produrre, non potendo ritenersi provato il credito in conseguenza della mera circostanza che il correntista non abbia formulato rilievi in ordine alla documentazione prodotta nel procedimento monitorio.