Archivi autore: Silvia Nannelli

La prova dell’esistenza della società di fatto

Cass. Sez. I, 13.2.2023 n. 4385

Diritto commerciale – società – società di fatto – prova

La prova dell’esistenza di una società di fatto può essere dimostrata anche con prove orali o presunzioni, in virtù dell’art. 2297 del Codice Civile, che stabilisce che la società di fatto può essere provata con ogni mezzo, anche presuntivo.
La mancanza di un contratto scritto non impedisce dunque al giudice di ritenere l’esistenza di una società di fatto. La prova dell’esistenza di una società di fatto deve essere fornita sulla base di una rigorosa valutazione delle circostanze, volte a dimostrare l’esercizio in comune di un’attività economica, la ripartizione dei guadagni e delle perdite, l’esistenza di un fondo comune e il vincolo di collaborazione tra i soci.

Da quando decorre la prescrizione nel contratto di mutuo

Cass. Sez. III, 10.2.2023 n. 4232

Diritto delle obbligazioni e contratti – mutuo – prescrizione – decorrenza

Il frazionamento del debito nel contratto di mutuo, non muta la sua natura unitaria e non sono perciò individuabili tante prescrizioni per quante sono le rate, ma un unico termine di prescrizione decennale, che non decorre dalla scadenza delle singole rate, ma dalla scadenza dell’ultima.

L’onere della prova a carico del correntista

Cass. Sez. I, 9.2.2023 n. 4083

Diritto bancario e dei mercati finanziari – contratto di corrente – azione di ripetizione – onere della prova – distribuzione

Nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione di danaro, che afferma essere stato indebitamente corrisposto all’istituto di credito nel corso dell’intera durata del rapporto – sul presupposto di dedotte nullità di clausole del contratto di conto corrente o per addebiti non previsti in contratto – è onerato della prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida “causa debendi” mediante deposito degli estratti conto periodici di tale conto corrente, riferiti all’intera durata del rapporto, con la conseguenza che, qualora egli depositi solo alcuni di essi, da un lato non adempie a detto onere per la parte di rapporto non documentata e, dall’altro, tale omissione non costituisce fatto impediente il sollecitato accertamento giudiziale del dare e dell’avere fra le parti, a partire dal primo saldo dal cliente documentalmente riscontrato.

La cancellazione della società dal registro imprese può essere impugnata

Cass. Sez. II, 7.2.2023 n. 3653

Diritto societario – registro imprese – cancellazione – impugnazione – sussistenza

A seguito dell’intervenuta iscrizione della cancellazione di una società dal registro delle imprese, chiunque vi abbia interesse può agire in giudizio in sede ordinaria per far accertare, con forza di giudicato, l’insussistenza delle condizioni richieste dalla legge per la cancellazione medesima, se del caso cumulando detta azione con altra domanda cui sia strumentale, come ad esempio quella dell’impugnazione di un contratto del quale la società cancellata sia stata parte.

La decorrenza della prescrizione della responsabilità degli amministratori

Cass. Sez. I, 6.2.2023 n. 3552

Diritto societario – società di capitali – amministratori – responsabilità – prescrizione – decorrenza

Nel caso, di esercizio da parte del curatore del fallimento, a norma dell’art. 146 legge fall., dell’azione contemplata dall’art. 2394 cc, il relativo termine prescrizionale, di durata quinquennale, decorre dal momento in cui i creditori sociali sono stati in grado di avere percezione dell’insufficienza dello stato patrimoniale della società.
In ragione dell’onerosità della suddetta prova a carico del curatore, avente a oggetto l’oggettiva percepibilità dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i crediti sociali, sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, spettando all’amministratore convenuto nel giudizio (che eccepisca la prescrizione dell’azione di responsabilità) dare la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza e percepibilità dello stato di incapienza patrimoniale.
L’individuazione di tale momento – cui può pervenirsi attraverso la valorizzazione di «fatti sintomatici di assoluta evidenza» – è riservata alla valutazione del giudice di merito che è insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360/1 n. 5 cpc.

La prova del privilegio artigiano

Cass. Sez. I, 31.1.2023 n. 2892

Diritto delle obbligazioni e contratto – privilegi – credito impresa artigiana – condizioni

In tema di privilegio generale sui mobili ex art. 2751-bis/1 n. 5 cc, l’iscrizione nell’albo delle imprese artigiane (con conseguente annotazione nella sezione speciale del registro delle imprese) integra un presupposto formale necessario, anche se non sufficiente, per il riconoscimento del cd. privilegio artigiano, ai cui fini occorre altresì verificare la sussistenza in concreto dei requisiti sostanziali, alla stregua ora dell’art. 2083 cc, ora della legge-quadro n. 443 del 1985, a seconda che si tratti, rispettivamente, di crediti sorti prima o dopo la data di entrata in vigore del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5 (convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35), il cui art. 36 ha modificato il predetto art. 2751-bis/1 cc.

La banca può compensare i crediti da anticipazioni con i debiti della società fallita in caso di stipula del patto di compensazione

Cass. Sez. I, 27.1.2023 n. 2556

Diritto della crisi di impresa – fallimento – azione revocatoria – compensazione – patto – esclusione

In tema di anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente, se le relative operazioni sono compiute in epoca antecedente rispetto all’ammissione del correntista ad una procedura concorsuale, è necessario accertare – qualora il correntista successivamente ammesso al concordato preventivo agisca per la restituzione dell’importo delle ricevute incassate dalla banca – se la convenzione relativa all’anticipazione su ricevute regolata in conto corrente contenga una clausola attributiva del “diritto di incamerare” le somme riscosse in favore della banca (c.d. patto di compensazione). Solo in tale ipotesi infatti la banca ha diritto di compensare il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore.
In tale ipotesi infatti non può ritenersi operante il principio della “cristallizzazione dei crediti”, con la conseguenza che né l’imprenditore, né gli organi concorsuali hanno diritto a che la banca riversi in loro favore le somme riscosse (anziché porle in compensazione con il proprio credito).

La responsabilità degli amministratori per mala gestio

Cass. Sez. I, 24.1.2023 n. 2172

Diritto societario – società di capitali – amministratori – mala gestio – responsabilità – condizioni

In materia di responsabilità degli amministratori di società di capitali, l’insindacabilità del merito delle scelte gestorie trova un limite nella ragionevolezza delle stesse da compiersi “ex ante” secondo i parametri della diligenza del mandatario, tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per la scelta gestoria e della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere. Pertanto, tenuto conto che l’acquisizione di rami aziendali non è di per sé irragionevole se avviene a prezzi vantaggiosi e in presenza di un piano di rilancio, si è ritenuto costituire atto di mala gestio l’acquisto di un ramo d’azienda gravemente indebitato e dissestato, ove non sia accompagnato dalla contestuale adozione di adeguate risposte organizzative idonee a consentirne il rilancio.

Le condizioni dell’abusiva concessione di credito

Cass. Sez. III, 18.1.2023 n. 1387

Diritto bancario e dei mercati finanziari – concessione abusiva di credito – condizioni – prescrizione – applicabilità

La banca, nell’erogare i finanziamenti, deve rispettare i principi di sana e corretta gestione, verificando il merito creditizio del cliente con informazioni adeguate secondo il principio generale dell’art. 5 TUB e la normativa speciale del settore creditizio (Istruzioni di Vigilanza della Banca d’Italia e l’Accordo di Basilea 2 sul rating), dovendo acquisire la documentazione reddituale che le consente di avere una rappresentazione veritiera della situazione economica del soggetto finanziato.
Infatti l’attività di concessione del credito da parte degli istituti bancari non è un “affare privato” tra le parti del finanziamento per le possibili conseguenze negative dell’inadempimento del cliente anche per un numero indefinito di soggetti entrati in affari col finanziato stesso.
Il curatore può agire nei confronti della banca per ottenere il risarcimento dei danni in conseguenza dell’illecito sostegno finanziario all’impresa quando la banca abbia, dolosamente o colposamente, mantenuto artificiosamente in vita un imprenditore in stato di dissesto, così da arrecare al patrimonio dell’impresa danni pari all’aggravamento del dissesto, nonché delle perdite generate dalle nuove operazioni così favorite. L’azione risarcitoria è soggetta alla prescrizione quinquennale decorrente dal momento in cui i creditori sono oggettivamente in grado di venire a conoscenza dell’insufficienza del patrimonio sociale per l’inidoneità dell’attivo a soddisfare i loro crediti. Tale momento coincide, in via di presunzione semplice, con la dichiarazione di fallimento, anche se tale presunzione non esclude come, in concreto, il deficit si sia manifestato in un momento anteriore, gravando tuttavia il relativo onere probatorio su chi allega la circostanza e fonda su di essa un più favorevole inizio del decorso della prescrizione.

Le esenzioni previste per la revocatoria fallimentare si applicano anche a quella ordinaria

Cass. Sez. I, 16.1.2023 n. 1147

Diritto delle obbligazioni e contratti – azione revocatoria ordinaria – azione revocatoria fallimentare – esenzioni – applicabilità – sussistenza

Le esenzioni previste dall’art. 67, comma 3, l. fall., trovano applicazione non soltanto all’azione revocatoria fallimentare, ma, alle condizioni per la stessa previste, anche all’azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore, nonché a quella esercitata al di fuori del fallimento, nel caso in cui il giudizio promosso dal singolo creditore sia proseguito dal curatore.